Gli esami di screening oncologici per il tumore al seno sono fondamentali per la diagnosi precoce della neoplasia più diffusa nella popolazione femminile.
La diagnosi precoce è importante perché permette di intervenire contro la patologia quando questa è generalmente più curabile.
Lo screening per il tumore al seno comprende sostanzialmente tre esami strumentali: ecografia del seno, mammografia e risonanza magnetica nucleare del seno.
La mammografia è l’indagine più importante, ma non è adatta a ogni età: fattori come la maggiore densità del seno tipica delle donne sotto i 40 anni potrebbero, infatti, influenzare i risultati.
Approfondiamo insieme, e analizziamo con maggiori dettagli gli esami di screening oncologici per il cancro del seno, le fasce di età coinvolte, quando iniziare il percorso di indagini e i benefici della diagnosi precoce.
Indice
Perché è importante fare lo screening per il tumore al seno?
Offerti gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale, gli esami di screening oncologici sono indagini diagnostiche, effettuate su una popolazione considerata a rischio, per individuare tempestivamente i tumori ai loro esordi.
La diagnosi precoce può rivelarsi cruciale in ottica di prognosi, in quanto permette di attuare le terapie in una fase in cui le speranze di successo delle stesse sono maggiori.
Come riporta l’AIRC (la Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) sulla base dei dati AIRTUM, il tumore al seno è la neoplasia più frequente in Italia, la più diffusa tra le donne e la prima causa di morte per tumore sempre nella popolazione femminile. Colpisce 1 donna su 18 nel periodo di massima incidenza (tra i 50 e i 69 anni) e una 1 donna su 8 nel corso di tutta la vita.
Inoltre, in base al documento “I numeri del cancro in Italia 2024” di AIRTUM, l’Italia ha registrato, per il 2024, 53.065 nuove diagnosi di tumore al seno (primo posto per diagnosi di tumore) e, relativamente al 2022, 15.500 decessi.
Questi dati chiariscono perfettamente quanto sia importante la diagnosi precoce del tumore al seno: individuare una patologia potenzialmente mortale nelle sue prime fasi, quando è più curabile, aumenta infatti l’aspettativa di vita della paziente.
Le campagne di screening attuate nel nostro Paese ormai da diverso tempo e l’adesione della popolazione femminile stanno dando già qualche anno i loro frutti: in base ai dati riportati da Fondazione Veronesi, la comunità medica prevede tra il 2020 e il 2025 un calo della mortalità per tumore al seno del 9,8% per la fascia di età 50-69 anni (quella più critica) e del 12,4% per la fascia di età 70-79 anni.
Questo trend positivo è in linea con quanto osservato nel periodo 2006-2021, in cui si è assistito a un riduzione del tasso di mortalità per tumore alla mammella di un 16,2% (Fonte AIRTUM, “I numeri del cancro in Italia 2024”, citata poco sopra).
Per quanto riguarda l’impatto sul tasso di sopravvivenza, anche in questo caso i numeri sono decisamente dalla parte della diagnosi precoce: per i tumori al seno individuati allo stadio iniziale, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 98-99%, ovvero la quasi totalità, mentre per i tumori al seno scoperti a una stadio avanzato, scende a circa il 30% a 5 anni dalla diagnosi.
Quando cominciare a fare gli esami di screening
Prima di analizzare nel dettaglio quali sono gli esami di screening e le indicazioni specifiche per le varie fasce di età, è utile richiamare l’attenzione su quando cominciare a preoccuparsi del seno, per una prevenzione secondaria (quella della diagnosi precoce) efficace.
Le prime indagini dovrebbero iniziare a 25 anni, con l’autopalpazione, e proseguire con la mammografia, combinata all’ecografia al seno, a partire dai 40-50 anni.
Eventuali variazioni di questo iter schematico e meramente indicativo dipendono dalla maggiore predisposizione della paziente per il tumore al seno: per esempio, nelle donne ad alto rischio (per una storia familiare di carcinoma mammario, un tumore molto aggressivo del seno, o per la presenza di una predisposizione genetica), i controlli tramite ecografia e talvolta mammografia dovrebbero iniziare prima.
Quali sono gli esami di screening per il tumore al seno
Gli esami di screening per il tumore al seno – come anticipato – sono essenzialmente tre:
- ecografia al seno: si tratta di un test strumentale che sfrutta gli ultrasuoni e che permette di individuare formazioni anomale solide o liquide. È particolarmente adatta nelle pazienti al di sotto dei 40 anni, che presentano ancora un seno molto denso;
- mammografia: è una radiografia della mammella che utilizza basse dosi di raggi X. Consente di visualizzare anomalie, come le microcalcificazioni, che con altri esami non sono visibili;
- risonanza magnetica nucleare al seno: trova impiego per eventuali approfondimenti e nelle pazienti positive al test genetico per i geni BRCA1 e BRCA2.
La predisposizione familiare e quella genetica per il tumore al seno sono aspetti che il medico deve tenere in considerazione quando pianifica lo screening: la loro presenza, infatti, potrebbe anticipare i tempi dei controlli o comunque determinare delle variazioni.
È utile ricordare che:
- per predisposizione familiare si intende sostanzialmente un parente prossimo (es: madre o sorella) con una storia di tumore al seno (in tal senso, particolarmente importante è il carcinoma mammario);
- con predisposizione genetica, invece, si fa riferimento ai già citati geni BRCA1 e BRCA2, la cui mutazione è associata principalmente ai tumori del seno, dell’ovaio oltrechè della prostata, e secondariamente, a quelli di stomaco e pancreas.
Ecografia del seno
L’ecografia al seno acquisisce importanza e rappresenta a tutti gli effetti un esame a scopo di screening nelle donne di età compresa tra i 25 e i 40 anni, con presenza di noduli sospetti (rilevati per esempio durante una visita senologica) o con una familiarità per il cancro del seno.
Questo significa anche che, in assenza di anomalie o storia familiare, al di sotto dei 40 anni, non ci sono motivi particolari per svolgere indagini di tipo ecografico.
Per le donne tra i 25 e i 40, l’ecografia al seno è da preferirsi alla mammografia, perché il seno è ancora troppo denso e, all’esame radiologico, rischierebbe di fornire immagini poco precise (come si vedrà successivamente, però, ci sono delle eccezioni).
Dai 40 anni, l’ecografia al seno continua a rimanere un esame di screening, da combinare però alla mammografia, ai fini di una migliore raccolta delle informazioni.
Mammografia
Rappresenta il principale esame di screening per il tumore al seno, questo perché è l’indagine gold standard per la fascia di età in cui l’incidenza del cancro è maggiore (ovvero, come riporta l’AIRC, tra i 50 e i 69 anni).
Come già accennato, per motivi legati alla densità del seno, prima dei 40 anni, la mammografia non rientra tra gli esami raccomandati, salvo che la paziente non presenti mutazioni in geni delicati come BRCA1 o BRCA2 o non abbia un’importante storia familiare di carcinoma mammario. In questi casi particolari, i controlli mammografici, combinati all’ecografia, si possono iniziare già a 25 anni o 10 anni prima dell’età di insorgenza del tumore nella parente di sangue più giovane.
Chiaramente, a decidere la frequenza dei controlli è il medico di riferimento.
Anche dopo i 40 anni, in realtà, la mammografia resta non raccomandata, se non in determinate pazienti: a renderla necessaria è una storia di tumore al seno in famiglia. Come affermato in precedenza, l’esame va combinato a un’ecografia al seno, per una valutazione più esaustiva dello stato di salute della paziente. Anche in questo caso, a stabilire la frequenza dei controlli è il medico di riferimento.
Scremate le eccezioni, in donne senza sintomi, la mammografia diviene esame di screening raccomandato superati i 50 anni e fino ai 69 anni (N.B: in alcune Regioni del nostro Paese, la soglia scelta è quella dei 45 anni) e la cadenza con cui ripeterla è biennale.
Per la fascia di età 50-69 anni, lo screening mammografico è estremamente importante, poiché copre quella popolazione femminile più fortemente a rischio di tumore del seno.
Per quanto riguarda, infine, le pazienti over-70, c’è un dibattito decisamente ancora molto aperto in merito all’effettiva utilità della mammografia.
A riguardo, l’AIRC riporta un’interessante nota delle linee guida europee, le quali sostengono che eventuali estensioni dello screening mammografico dopo i 70 anni sono da prendersi in considerazione solo se il Sistema Sanitario Nazionale è in grado di garantire lo screening gratuito per la fascia di età più delicata, ovvero quello 50-69 anni.
Risonanza magnetica mammaria
La risonanza magnetica nucleare del seno è fondamentalmente un esame finalizzato ad approfondire immagini ed esiti sospetti dell’ecografia e soprattutto della mammografia.
È particolarmente importante nelle pazienti con una predisposizione genetica al cancro, dovuta alla presenza di mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2.
Quali altri esami sono utili alla prevenzione?
In chiave prevenzione secondaria, hanno rilevanza altri due controlli: l’autopalpazione del seno e la visita senologica.
Vediamo nei dettagli in cosa consistono.
Autopalpazione del seno
L’autopalpazione è un esame che ciascuna donna può svolgere tranquillamente in autonomia e a casa propria. Essa comprende due fasi: l’osservazione e la palpazione.
La presenza di noduli è senza dubbio il principale campanello d’allarme, ma non bisogna trascurare nemmeno eventuali retrazioni o cambiamenti della pelle, perdite di liquido dai capezzoli e/o variazioni della forma del seno.
L’autopalpazione inizia ad avere senso a partire dai 25 anni: un controllo al mese, a 7-14 giorni dal primo giorno delle ultime mestruazioni. Rispettare queste tempistiche è fondamentale a evitare confusione e falsi allarmi, in quanto la struttura del seno risponde e si modifica in funzione delle variazioni ormonali.
Dopo i 40 anni, l’autopalpazione dovrebbe diventare una prassi mensile, in quanto si sta entrando nella fascia di età più a rischio per il tumore al seno.
Per certi versi, l’autopalpazione rappresenta il primo strumento di prevenzione. Tuttavia, è doveroso precisare che da sola non è sufficiente: per un controllo efficace e attendibile, infatti, bisogna affidarsi alle visite mediche e agli esami strumentali, quali mammografia ed ecografia.
Visita senologica
La visita senologica, invece, è un esame clinico completo del seno, effettuato da uno specialista.
Semplice e indolore, essa si svolge in uno studio medico e prevede l’impiego di determinati strumenti. Parte tipicamente dall’anamnesi, analizzando in particolare fattori come la storia familiare, l’età di comparsa delle prime mestruazioni, l’alimentazione, il numero di gravidanze avute e l’uso di terapie ormonali.
Dopodiché, prosegue con l’osservazione di anomalie che possono riguardare l’aspetto o la consistenza del seno, e termina con la palpazione.
Per quanto riguarda la frequenza con cui svolgere il controllo, dopo i 40 anni è consigliabile un controllo annuale, mentre per le donne più giovani non esiste una particolare indicazione, se non quella di approfittare di un’eventuale visita ginecologica per verificare anche le condizioni del seno.
La visita senologica è una valutazione potenzialmente in grado di fornire tante informazioni utili, ma non è sufficiente a stilare una diagnosi di tumore: per questa, servono i test strumentali e la biopsia.
Come ridurre il rischio di tumore al seno: la prevenzione primaria
Lo screening oncologico è importante e, grazie alla medicina moderna, sta salvando sempre più vite.
Ciò, tuttavia, non deve mettere in secondo piano un altro aspetto cruciale della prevenzione del tumore al seno: la prevenzione primaria.
Per prevenzione primaria si intendono tutti quei comportamenti e interventi volti a ridurre a monte l’insorgenza e lo sviluppo di una patologia.
Per il tumore al seno, la prevenzione primaria comprende:
- mantenere il peso nella norma, evitando condizioni favorenti come obesità e sovrappeso;
- dieta sana ed equilibrata, fondata sui dettami della Dieta Mediterranea, che privilegia il consumo di cereali integrali, frutta stagionale, verdure, legumi e limita quello di carni rosse, carni lavorate, dolci, bevande zuccherate e alcolici;
- regolare attività fisica: protegge dall’obesità e dalla sedentarietà, due fattori di rischio per il tumore al seno;
- non fumare: il fumo è noto per contenere sostanze (es: arsenico, benzopirene) dal potere cancerogeno;
- limitare/eliminare il consumo di alcolici;
- limitare la terapia ormonale sostitutiva in menopausa: se protratta nel tempo, questo trattamento sintomatico può diventare un fattore di rischio per il cancro del seno.
Domande frequenti (FAQ)
Lo screening è fondamentale per una diagnosi precoce del tumore al seno, la neoplasia più diffusa tra le donne. Permette di intervenire quando la patologia è generalmente più curabile, aumentando così le speranze di successo delle terapie e le aspettative di vita delle pazienti.
Gli esami principali sono tre: l’ecografia del seno, la mammografia e la risonanza magnetica nucleare del seno. L’ecografia è adatta ai seni densi delle donne giovani, la mammografia è l’esame più importante perché rileva anche microcalcificazioni, mentre la risonanza magnetica si usa per approfondimenti e in pazienti ad alto rischio genetico.
La prevenzione dovrebbe iniziare a 25 anni con l’autopalpazione mensile. Gli esami strumentali come la mammografia, spesso combinata all’ecografia, sono invece raccomandati a partire dai 40-50 anni. Per le donne ad alto rischio a causa di familiarità o predisposizione genetica, i controlli possono iniziare prima, secondo le indicazioni del medico.
L’impatto è cruciale. Per i tumori al seno individuati in stadio iniziale, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 98-99%. Al contrario, per i tumori scoperti in uno stadio avanzato, questo tasso scende drasticamente a circa il 30%. Questo dimostra quanto una diagnosi tempestiva sia fondamentale per aumentare l’aspettativa di vita.
Per le donne tra i 25 e i 40 anni, l’esame di screening più indicato è l’ecografia al seno, specialmente in presenza di noduli sospetti o familiarità. La mammografia non è generalmente raccomandata prima dei 40 anni perché il seno, essendo più denso, potrebbe fornire immagini poco precise, a meno che non ci sia un alto rischio genetico o familiare.
Questa fascia d’età è quella con la massima incidenza di tumore al seno. Per le donne senza sintomi specifici, la mammografia è l’esame di screening raccomandato, da ripetere con cadenza biennale (ogni due anni). Questo screening è estremamente importante perché copre la popolazione femminile considerata più a rischio.
L’autopalpazione è un esame che ogni donna può svolgere in autonomia e a casa per rilevare cambiamenti nel seno, come noduli, retrazioni della pelle o variazioni della forma. Si consiglia di eseguirla una volta al mese a partire dai 25 anni, tra il 7° e il 14° giorno dall’inizio delle mestruazioni. Sebbene sia un primo strumento di prevenzione, da sola non è sufficiente e va abbinata a controlli medici.
Sì, la prevenzione primaria consiste nell’adottare comportamenti che riducono il rischio di sviluppare la malattia. Le raccomandazioni includono: mantenere il peso nella norma, seguire una dieta sana come quella mediterranea, fare attività fisica regolare, non fumare e limitare il consumo di alcolici. Anche la gravidanza e l’allattamento al seno hanno effetti protettivi.


